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Jean Le Boulch: un ritratto

In occasione della nuova edizione della Scuola Jean Le Boulch® per Psicomotricisti Funzionali abbiamo intervistato il Prof. Dott. Guido Pesci, direttore e co-fondatore della prestigiosa Scuola insieme insieme al Prof. Le Boulch. Nell’intervista il Dott. Pesci ripercorre la nascita della Scuola e offre un ritratto prezioso del Maestro francese.

 

 

Pesci e Le Boulch: un sodalizio importante

 

REDAZIONE: Siamo con il Prof. Guido Pesci fondatore assieme a Jean Le Boulch dell’unica Scuola di Psicomotricità Funzionale riconosciuta dall’illustre Maestro francese. Per capire una scienza crediamo che a volte è necessario studiarne coloro che l’hanno fondata: può dirci “che tipo” era Jean Le Boulch?

GUIDO PESCI: Ho conosciuto il prof. Jean Le Boulch in un incontro che organizzai a Firenze nel lontano 1984 per chiedergli la disponibilità a dare inizio ad una promozione scientifica e di formazione garantendone un successo nazionale con l’altissimo numero di iscritti nelle associazioni che presiedevo.
L’impegno che gli chiedevo era molto, ma non esitò a confermare l’intesa pur prendendo un anno di tempo per portare a termine i tantissimi suoi obblighi nelle Americhe, in Africa e in diverse nazioni europee, prima di dislocarsi in Firenze, città che considerava la culla della cultura da cui poter veramente promuovere con i suoi orientamenti un faro nel mondo. Nel marzo 1986 organizzai con Jean il seminario su: “Corpo, psiche e movimento” a cui segui il corso di formazione biennale su Educare con il movimento, due successi strepitosi.
Che tipo era Jean Le Boulch? In queste occasioni di comune giubilo non esultava mai pur facendo trasparire la sua felicità. Tipo cordialissimo nelle relazioni tra noi e il mio team pur con una rigidità che poi maturò diversamente, assai rigoroso invece con i corsisti; se ritardavano non venivano ammessi in aula, se disattenti li richiamava pur senza appellativi denigratori o svalorizzanti, ma certo con sguardi e silenzi. Da loro voleva un impegno e perfino un sacrificio, forse quel sacrificio che aveva dato conferma a lui stesso che solo poteva condurre a risultati sicuri. Jean era giunto a quel suo sapere con durezza, con fervida volontà, chilometri per spostarsi in Bretagna e dalla Bretagna a Parigi, ore trascorse in bici e treni con percorsi interminabili e poco sicuri a causa della guerra, notti insonni…Comunque l’azione di richiamo finiva lì senza mai incidere sulle simpatie; dell’accaduto diceva sempre “nessun problema”.
Gli anni trascorsi assieme a Jean hanno permesso di passare dalla cordialità ad un clima di amicizia, quel Mon ami che apparve successivamente sulle lettere che ci inviavamo sono l’incontestabile segnale, amicizia che diede avvio a frequenti incontri conviviali anche nella mia residenza.
Ancora il “tipo”?: scherzoso all’inglese o come diceva lui di se stesso alla bretone.
Amante della buona cucina e conoscitore di vini; alla ricerca di enoteche per passare la serata in un clima particolarmente piacevole; è assieme a lui che con René, la sua assistente, e i miei familiari ho superato la soglia dell’Enoteca Pinchiorri.

 

 

Una presenza fondamentale

 

R: Jean le Boulch aveva una collaboratrice, Reneé Essieux che si occupava di insegnare la parte pratica della Psicomotricità Funzionale. Secondo lei, Prof. Pesci, che ruolo ha giocato nella genesi della Psicomotricità Funzionale m.me Essieux?

 

G.P: René era effettivamente colei che in palestra offriva l’opportunità ai corsisti di fare esperienze traducendo in pratica quanto Jean aveva poco prima esposto in teoria e descritta la pratica. Ma René non era solo questo, fin dall’inizio degli anni ’90 assieme a lei e Jean argomentavamo sull’espansione del pensiero di Jean, sulla ragione e l’opportunità di dare vita ad una scienza che andasse oltre a quanto egli aveva già sostanziato. Gli effetti non mancarono se nel 1992 Jean Le Boulch nella sua qualità di direttore scientifico della Scuola di Formazione di Firenze firma l’intesa all’Università di Pau in Francia, per la formazione di psicomotricisti ad orientamento psicomotorio funzionale e se in quello stesso anno scrive un articolo apparso sulla rivista L’insegnante Specializzato dal titolo “Psicomotricità funzionale e dislessia”. Sono gli anni in cui, con una scelta definitiva, Jean interrompe i rapporti con l’Università di Pau e da avvio alla formazione in Psicomotricità Funzionale.
Recupero la domanda: che ruolo ha giocato René nella genesi della Psicomotricità Funzionale? Ebbene non mi è difficile ricordare che René aveva il compito di trascrivere le lezioni di Jean e nelle sue trascrizioni non le sfuggivano i nuovi assunti a cui dava l’appellativo “Psicomotricità Funzionale” oggetto poi di consultazione. Sicuramente il ruolo giocato da René è stato importante, del resto la loro intesa era totale e René che stimava tantissimo Jean ben voleva questa sua riuscita.

 

 

La continuità di una scienza

 

R: Uno degli ultimi atti di Jean le Boulch è stato riconoscere lei, Letizia Bulli e Paola Ricci, come didatti ufficiali della sua scienza. Ci scusi la domanda impertinente quali sono le ragioni di questa scelta?

 

G.P: Durante la sua malattia, Jean, uomo impegnato nel rispetto del suo lavoro, dei suoi principi e degli impegni presi assieme a me per dare espansione alla Psicomotricità Funzionale e alla nuova figura dello Psicomotricista Funzionale, giunse a Firenze consapevole dell’impossibilità a tenere fede alla formazione futura, almeno per come l’aveva fino ad allora gestita.
Assieme tenemmo il consueto incontro nella sala riunioni dell’ISFAR e tante, come sempre, furono le situazioni programmatiche affrontate, un incontro però più breve del solito. Prima di lasciarci mi chiese di trattenerci a parlare alla sera nel suo albergo.
Nell’hotel il silenzio accompagnò i primi minuti trascorsi in evidente sofferenza poi la dichiarazione “io non potrò continuare”. Lui sapeva che come direttore scientifico dell’ISFAR e docente della formazione in Psicomotricità Funzionale ero io ad avere una conoscenza piena degli allievi, il loro impegno dimostrato durante la formazione, il piacere di testimoniare la validità di queste conoscenze e di impegnarle nella professione e nella docenza, perciò per Jean potevo essere solo io a darle dei suggerimenti per la scelta dei didatti. Fu questa infatti la richiesta che mi fece: chi poteva essere eletto didatta formatore fra i tanti allievi della Scuola.
Non voglio parlare della sofferenza per le emozioni che si scatenarono, posso dire che le indicai i due nomi che già bene conosceva e confermò l’indicazione ricevuta. Non ci furono entusiasmi, il momento non li consentiva. Sono io che con loro, Bulli  e Ricci, sento ogni giorno di dover onorare quanto Jean dimostrò di desiderare: dare continuità alla sua scienza e alla professione di Psicomotricista Funzionale.

 

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