Il Prof. Guido Pesci ripercorre la genesi della Psicomotricità Funzionale come scienza, l’importanza del lavoro di Jean Le Boulch nella definizione e nella strutturazione di una disciplina del movimento umano, i principi su cui si fonda la professione di Psicomotricista Funzionale e gli obiettivi formativi che la Scuola Jean Le Boulch dell’ISFAR persegue attraverso il lavoro dei suoi didatti, unici al mondo riconosciuti dal professore francese. L’articolo è apparso nella rivista Nuovi orizzonti n°8.
L’uomo ha da sempre sentito la necessità di mantenere il corpo sano ed efficiente e, dalla civiltà della paideia si è spinto ancor più a consolidare principi, basi scientifiche e metodi per soddisfare questa esigenza.
Un bisogno perseguito con aspri contrasti fra medici e pedagogisti e l’alternarsi dei domini della ginnastica medica e dell’educazione fisica, vanto di interventi sanitari contrapposti agli interventi pedagogici tesi ad evitare un’attività fisica che sviluppasse i soli muscoli con noiosi esercizi. Un conflitto che non è cessato neppure dopo gli innovativi orientamenti della psicomotricità a causa dei contrasti tra gli stessi psicomotricisti che, divisi in associazioni, federazioni e sindacati, hanno perseguito criteri antagonisti e distinti gli interventi rieducativi, riabilitativi, terapeutici e perfino psicoterapeutici.
Separazioni e distinzioni che hanno spinto il professor Jean Le Boulch, in questi ultimi venti anni, ad impegnarsi per arginarle, sostenuto dal principio della pluridisciplinarità, dai dati scientifici delle scienze umane e dalle scienze biologiche o neuroscienze, intessute sul valore dell’educazione globale dell’uomo e contrarie ai criteri tecnicistici di intervento ed alle produzioni del corpo umano sottomesse alle leggi del rendimento.
Una acuta rielaborazione che gli ha permesso di formulare e delineare una struttura scientifica e formativa in postulati e prassi della sua Psicomotricità Funzionale.
Genesi della Psicomotricità Funzionale
Il 1991 è l’anno in cui Jean Le Boulch si è impegnato a consolidare i principi della nascente Psicomotricità Funzionale sostanziata dalla necessità di passare dal sintomo all’analisi funzionale del sintomo, di studiare il movimento come modo di espressione della condotta globale del soggetto e di impiegare i valori che si ispirano alla corrente fenomenologica.
Le Boulch legittima il termine “funzionale” dato alla psicomotricità, tenendo conto delle funzioni biologiche, delle varie funzioni del SNC e la loro organizzazione gerarchica, guidato dal principio che gli permette di considerare l’organismo un sistema in rapporto con altri sistemi con cui l’individuo stabilisce delle relazioni (gruppi, famiglia, persone, oggetti), sostenuto dalle concezioni funzionali di Claparéde (1873-1940) e della corrente funzionalista americana di Dewey (1896;1897). Con Dewey condivide il concetto di adattamento, ossia l’importanza per un individuo di adattarsi all’ambiente sociale, mentre di Claparéde accoglie la concezione funzionale che mette l’accento sull’importanza di partire dai bisogni per sollecitare l’attività e di tener conto dello sforzo che il soggetto compie per soddisfare le proprie coesistenti necessità biologiche e sociali.
In questo anno, il 1991, egli ci offre una prima definizione della Psicomotricità Funzionale: “La Psicomotricità Funzionale non è una facoltà particolare né una tecnica, è un procedimento globale e pluridisciplinare che tiene presenti gli sforzi d’aggiustamento motorio del soggetto nelle diverse situazioni in cui è chiamato a risolvere il problema in base a quella situazione, e contribuisce all’organizzazione funzionale e alla condotta dell’atteggiamento umano sia che essa sia strumentale o mentale. La Psicomotricità Funzionale si applica sia a coloro che hanno uno sviluppo normale o che presentano disarmonie o sono disabili, e a soggetti di ogni età, lo scopo non è l’apprendimento di una cosa, ma l’agire sullo sviluppo funzionale della persona al fine di facilitargli l’apprendimento” (J. Le Boulch, UPD “Scuola Jean Le Boulch”, ISFAR-Firenze). Scienza di esperienza che dà significato allo sviluppo funzionale in stretta connessione con attività agite per mezzo del movimento e l’aspetto relazionale. Disciplina in cui la struttura dell’organismo e del comportamento sono le basi per capire l’importanza del corpo come supporto dell’attività della persona, un “corpo proprio”, apertura dell’Io al mondo, dimensione attraverso la quale io scopro la complessità e la varietà dei rapporti che mi legano al mondo.
“La mia posizione-dirà Le Boulch-è vicina a quella di Wallon che ha difeso la necessità di una educazione attraverso il movimento, la cui base è rappresentata dall’educazione psicomotoria che si applica a tutti i soggetti in sviluppo. La finalità della nostra azione sull’uomo è lo sviluppo della persona, come condizione di un migliore adattamento del comportamento alle norme socio-culturali e dell’acquisizione della responsabilità nel quadro della vita sociale” (J. Le Boulch, UPD “Scuola Jean Le Boulch”, ISFAR-Firenze).
Caratterizzazioni della Psicomotricità Funzionale
La Psicomotricità Funzionale si differenzia dai modelli che studiano solo il movimento anziché l’interfunzionalità e l’interrelazione delle diverse manifestazioni, essa ha il compito di precisare le funzioni su cui intervenire utilizzando il movimento, conoscere i punti di forza e i punti deboli per creare i presupposti per un’esperienza di sviluppo, per risvegliare ogni nuova capacità di adattamento all’ambiente.
Per questo la psicomotricità funzionale impone una analisi funzionale complessa, rivolta oltre che all’analisi del movimento, all’analisi psicologica e biologica della condotta, a tener conto della fitta rete delle funzioni biologiche, neurologiche e psico-affettive, tre piani su cui muoversi e che corrispondono ai tre quadri funzionali, al Quadro Biologico, Quadro Neurologico e Quadro Funzionale. Nei quadri Biologico e Neurologico vengono esposte tutte le funzioni proprie di queste configurazioni, in quello funzionale sono comprese e illustrate le condizioni di interazione tra l’ambiente e le funzioni operative ed energetiche nelle differenti età. Il Quadro Funzionale rappresenta quindi l’insieme delle funzioni psicomotorie, operative ed energetiche, messe in gioco dall’organismo in interazione con l’ambiente, e illustra il significato e il meccanismo delle diverse funzioni.
Le Funzioni Operative riguardano tutto ciò che serve per agire nell’ambiente, comprendono la Funzione di Aggiustamento e la Funzione Senso-Percettiva e si evolvono dal periodo della fecondazione fino all’età adulta, si completa quindi con l’analisi dei vissuti che promuovono la percezione del proprio corpo o funzione di interiorizzazione, le tappe evolutive per il passaggio dallo schema corporeo inconscio a quello cosciente e la disponibilità corporea nella relazione. La nozione di schema corporeo per Le Boulch, si trova al centro dell’idea di disponibilità che si ha del proprio corpo e nello stesso tempo è al centro della relazione vissuta universo-oggetto. Si può dire perciò che un buon accomodamento al mondo passa attraverso lo stabilirsi di buone relazioni con il proprio corpo. Il passaggio da uno Schema Corporeo Incoscio a quello Cosciente avviene, secondo Le Boulch, tramite quattro stadi:
-Il primo periodo corrisponde a subito dopo la nascita ed è chiamato del Corpo Subìto (0-2 mesi); “subìto” perché il bambino ha un comportamento riflesso automatico, lavora con questi riflessi arcaici, quindi è un funzionamento completamente sottocorticale. A tal proposito Le Boulch dice: “Questa concezione è in contraddizione con la teoria psicoanalitica e con quella di Piaget, due teorie puramente intellettualiste, in cui lo sviluppo è comandato dall’alto, dalla testa; la nostra concezione è fenomenologica, noi partiamo da un’ipotesi completamente opposta, partiamo dal basso sostenuti dalla concezione che ad un certo punto il corpo funzioni senza corteccia. Si può essere d’accordo o meno, ma questa è la nostra ipotesi di partenza. Dire che si ha una concezione fenomenologica, non è un’affermazione platonica; ci sono delle incidenze concrete sul piano dell’approccio dei problemi a partire dallo sviluppo che va dal sottocorticale verso una corticalizzazione progressiva. Questo non vuol dire che non si considerino importanti le funzioni cognitive, ma vuol dire che la corticalizzazione prima che si attivi ci sono altre cose che debbono funzionare; potenzialmente c’è già il cognitivo, potenzialmente è un soggetto intelligente, ma in cui l’intelligenza non funziona ancora e quindi non ha influenza sullo sviluppo presente” (J. Le Boulch, UPD “Scuola Jean Le Boulch”, ISFAR-Firenze).
Gli altri tre periodi sono invece quelli propri della cronologia proposta da De Ajuraguerra:
–Corpo Vissuto: da due mesi a 3 anni, è questo il momento della messa atto della funzione di aggiustamento, funzione che permette l’adeguamento delle reazioni posturali e gestuali alle condizioni attuali. Intuizione che il bambino ha del suo corpo, sia statico che in movimento, una disponibilità vissuta a livello affettivo con risposte senso-motorie.
–Corpo Percepito (da 3 a 6 anni) è il periodo della funzione di interiorizzazione, legata agli aggiustamenti globali, il controllo tonico, scoperta e presa di coscienza e specifica verbale delle differenti parti del corpo, lateralizzazione con dichiarazione verbale della propria destra e della propria sinistra, affermazione della dominanza laterale, orientamento del proprio corpo. “Il passaggio dal corpo vissuto a quello percepito è la messa in attività della funzione di interiorizzazione che è la capacità del bambino di portare l’attenzione sul proprio corpo e far sì che lo schema corporeo diventi cosciente, a partire da ciò il bambino potrà avere la rappresentazione mentale del suo corpo. Questo periodo del corpo rappresentato è quello che corrisponde a ciò che chiamo l’“immagine del corpo operativo” (J. Le Boulch, UPD “Scuola Jean Le Boulch”, ISFAR-Firenze).
–Corpo Rappresentato, (oltre i 6 anni) è il momento in cui si va a sviluppare l’immagine del corpo operativo. Dopo c’è la pubertà con l’emergere della sessualità adulta.
Lo schema corporeo è fondamentale per l’azione in generale e ogni alterazione o incertezza, una cattiva strutturazione o turba nello schema corporeo, può causare un corollario di difficoltà nella relazione soggetto-mondo, tra cui lentezza, goffaggine, incoordinazione e insufficienza nella dissociazione, disabilità nella organizzazione e strutturazione ritmica e spazio temporale, a cui spesso si aggregano sensazione di inadeguatezza e insicurezza nell’agire e nell’essere, alterazioni della motivazione e intenzionalità, con conseguenti alterazioni comportamentali. Una dimostrazione di quale danno può provocare una scarsa evoluzione dello schema corporeo la possiamo già evidenziare nell’età scolare, nel momento in cui l’allievo necessità di tutte queste abilità per non incorrere nei disturbi dell’apprendimento a cui può seguire l’aggravante del dramma giornaliero sul piano relazionale e caratteriale.
Le funzioni operative, legate alle funzioni del sistema muscolare, scheletrico, ai sensi (dentro di me), e all’attenzione sugli stadi della strutturazione dello schema corporeo, si completano e si integrano con le Funzioni Energetico-Affettive, gli aspetti relazionali o psico-affettivi (fuori di me), come il soggetto percepisce l’ambiente esterno e come interagisce con esso, elementi che permettono di seguire la legge di concordanza tra l’attività motoria e il tono.
È da questi quadri che è possibile compiere un’analisi funzionale, osservare la condotta, valutare la qualità della risposta agli stimoli, conoscere i processi mentali che la regolano e l’intenzionalità che conduce all’azione.
L’intervento dello Psicomotricista Funzionale
Lo psicomotricista funzionale deve saper procedere ad una analisi per conoscere la persona e definire un conseguente intervento indirizzato ad ottenere l’opportuno adattamento alle situazioni-problema a seconda delle sue necessità: “Si fa presto a dire che bisogna sviluppare le funzioni, tutti lo fanno, ma il problema diventa più difficile quando bisogna dire quale funzione sviluppare e come” (…) “L’analisi funzionale ci aiuterà a preparare progetti in cui il movimento, sotto la forma di attività le più idonee ai bisogni ed alle motivazioni dei soggetti, servirà da strumento affinché le persone raggiungano la piena consapevolezza di sé nella propria globalità e nelle proprie parti e sappiano valorizzare al meglio le proprie risorse funzionali per raggiungere un certo benessere” (J. Le Boulch, UPD “Scuola Jean Le Boulch, ISFAR-Firenze).
Lo psicomotricista funzionale è lo specialista che deve saper facilitare esperienze significative affinché il corpo riesca a suscitare un’esperienza di sé nuova fino a spingersi ad una riappropriazione della disponibilità tonico-corporea suffragata dall’intenzione, l’interesse e la motivazione. Una educazione efficace delle funzioni, integrata da abilità nell’accoglienza e nell’accompagnamento, che corrisponde al carattere operativo ed affettivo del movimento la cui espressività diventa comunicazione testimone di ciò che il corpo sente e partecipa.
La psicomotricità funzionale di Jean Le Boulch, suffragata da questi nuovi principi operativi e di integrazione scientifica e culturale continua a perseguire l’intento di arginare i conflitti, superare le divisioni e le rivalità, con lo scopo di aiutare il soggetto a scoprire le proprie risorse, riconiugarsi alla spontaneità e allo spirito d’iniziativa, alle funzioni di prontezza e di aggiustamento.
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