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ADHD il modello a due vie

Il disturbo, le manifestazioni e il modello di valutazione a due vie: un approfondimento sull’ADHD in vista del corso online ADHD: strategie cliniche e didattiche 

 

ADHD: Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder

 

L’ADHD è uno dei disturbi più diffusi (e controversi) dello sviluppo. Interessa il 3-5%della popolazione e è considerato un disturbo del neuro sviluppo. In quanto disturbo pervasivo comporta inizialmente difficoltà come distraibilità, impulsività e irrequietezza motoria. Successivamente aumentano le difficoltà relazionali e di adattamento ai contesti sociali.

 

3 grandi aree sintomatologiche

 

L’ADHD si manifesta con una serie di sintomi afferenti a 3 aree:

  • Disattenzione
  • Iperattività
  • Impulsività

Da un punto di vista diagnostico iperattività e impulsività vengono raggruppate ulteriormente come è stato anche recentemente confermato dal DSM-5. Il DSM-5 inoltre prevede un elenco di manifestazioni cliniche e alcuni criteri diagnostici peculiari (età di insorgenza, severità, pervasività, comorbilità).

 

Un modello a due vie

 

Alcuni Autori (Fedeli e Vio) hanno proposto un modello a due vie per comprendere le difficoltà di una persona con ADHD e per procedere ad una valutazione corretta.
La prima via è chiamata “via energetica”: si riferisce alla capacità di modulare l’attivazione e sostenere lo sforzo necessario a rispondere ad uno stimolo o a compiere una attività. Allerta, motivazione, ritmo, impegno, emozioni compongono la via energetica.
La seconda via (“via organizzativa”) è composta invece da inibizione, flessibilità, pianificazione, memoria di lavoro, monitoraggio. La via organizzativa è relativa agli aspetti organizzativi del comportamento , del pensiero e delle emozioni cioè al controllo volontario e consapevole di ciò che si sta facendo.

 

Conclusioni

 

Il modello a due vie presenta come tutti i modelli pregi e difetti. È comunque un modello piuttosto semplice e intuitivo per guidare l’osservazione. Non possiamo però dimenticare che lo scopo di ogni osservazione non si deve mai ridurre ad una caccia alla compromissione ai fini di una diagnosi/classificazione, ma si deve essere capaci di leggere la persona nella sua globalità e complessità. Solo così potremo costruire un progetto di intervento che non sia teso a “riparare”, ma che abbia come obiettivo lo sviluppo della persona.

 

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