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Quando la Psicologia e la Pedagogia diventano Magia

Giochi di prestigio e di gruppo, “personaggio mediatore”, magia comica, “affabulazione olistica”: le principali tecniche di gioco e modalità interattive nella relazione di aiuto in un preziosissimo contributo a cura del Dott.Mirko Magri, Psicologo specializzato nell’uso dello strumento del gioco in ambito educativo, rieducativo e formativo con bambini, ragazzi e adulti.

Leggi l’articolo e scopri i suoi principali strumenti operativi!

 

L’aiuto alla persona: tecnica ed esperienza di una professione

Diversi anni fa, durante il mio percorso universitario in Psicologia, avevo imparato a padroneggiare in modo disinvolto concetti quali l’ansia schizoparanoide e l’angoscia depressiva di Melanie Klein, le topiche di Freud, gli stadi dello sviluppo cognitivo secondo Piaget, i modelli operativi interni di Bowlby, la fase simbiotica e la fase di separazione-individuazione della Mahler, la depressione anaclitica di Spitz e tante, tante altre interessantissime teorie riguardo il funzionamento della mente e del comportamento umano.
Una volta laureato, quando per la prima volta mi trovai da solo di fronte ad un bambino di tre anni che piangeva disperato, pensai subito fiducioso a Piaget, alla Klein, a Bowlby, a Spitz e a tutti gli altri, con l’obiettivo di tranquillizzarlo e tranquillizzarmi. Purtroppo non accadde nulla. Non sapevo cosa fare per placare quel pianto e mi accorsi di non possedere alcun tipo di strumento operativo, sentendomi profondamente inadeguato, disarmato e perso. L’angoscia di quel bambino mi entrò dentro con la forza di un uragano e percepii chiaramente il bisogno di fuggire il più lontano possibile da quella situazione. Tutte le mie sicurezze vacillarono all’istante e quell’evento stimolò in me il primo vero esame di coscienza a livello professionale. Con profondo rammarico mi accorsi che ero abile ad inscatolare le persone all’interno di qualche illustre mappa concettuale, ma nella pratica sapevo fare poco o niente.
Come potevo aiutare le persone che soffrivano? Con quali tecniche?
Per ovviare a tale lacuna scelsi un percorso di studi successivo alla laurea (Master in Pedagogia Clinica) che mi fornisse delle valide competenze operative, ho frequentato corsi di teatro, di Biodanza, di psicoterapia della Gestalt, di animazione olistica, di musicoterapia e parallelamente ho iniziato a fare tanta pratica in stage e tirocini, animazioni per compleanni, ristoranti, colonie estive e feste di paese, ho letto e studiato libri per apprendere l’arte del gioco di prestigio, della magia comica, del burattino a guanto, dei palloncini modellabili, del raccontastorie, dei palloncini modellabili….
Negli anni ho maturato una profonda esperienza come clown di corsia nei reparti ospedalieri e in strutture residenziali per minori, ho prestato servizio come operatore di strada, come volontario per una comunità di tossicodipendenti, mi sono formato come psicologo ed educatore per bambini e ragazzi delle classi primarie e secondarie, sia in ambito pubblico che privato.
Ho inoltre promosso e condotto interventi ludo-psicologici con gruppi di bambini che presentavano disturbi comportamentali ed un forte disagio emotivo.
Successivamente mi sono specializzato con la fascia di età dell’adolescenza, proponendo percorsi di gruppo ed individuali nel contesto delle scuole secondarie di secondo grado, con l’obiettivo di prevenire il fenomeno della dispersione scolastica. Sono diventato così desideroso di imparare e migliorarmi che ho iniziato ad appuntarmi qualsiasi cosa mi venisse insegnata e qualunque suggerimento mi fosse offerto, i miei successi e i miei “preziosissimi” e costruttivi fallimenti, le cose che funzionavano e quelle che al contrario non sortivano gli effetti sperati.
Con il tempo ho così strutturato una mia personale ed originale modalità per rapportarmi con le persone nel contesto di una relazione di aiuto, contemplando il gioco, nelle sue mille forme e sfumature, come principale tecnica di intervento e potenziando specifiche competenze psicologiche e pedagogiche in virtù delle fasce di età e delle situazioni che maggiormente mi interessavano: dalla primissima infanzia all’adolescenza, in contesti scolastici e parascolastici, clinici ed ospedalieri.
A livello metodologico, perseguendo l’obiettivo di valorizzare le competenze comunicative, espressive e relazionali delle persone, consentendo loro di guadagnare nuove consapevolezze e rinnovati equilibri psico-emotivi, ho sperimentato ed affinato strumenti operativi creativi ed originali. Di seguito ne vediamo alcuni.

 

 

I giochi di gruppo

I giochi di gruppo sono attività più o meno strutturate che divertono e sollecitano processi di crescita e socializzazione. Avvalendosi di tecniche interattive e fortemente esperienziali, offrono la possibilità di realizzare un ampio spettro di obiettivi pedagogici e psicologici, interessando la dimensione affettiva e cognitiva. Migliorano l’autostima e la fiducia nelle proprie qualità, aiutano a sviluppare nuovi modi di esprimere le proprie emozioni e le proprie riflessioni, educando al rispetto reciproco, all’integrazione, all’armonia, alla cooperazione, alla fiducia e all’ascolto dei bisogni dell’altro. Consentono inoltre di sviluppare la creatività e la teatralità, di sfogare la tensione in eccesso o di ricaricare le batterie, di potenziare sia la comunicazione verbale e corporea.
Tutto ciò che accade durante i giochi di gruppo ha un valore sostanziale, perché in essi si riproduce una situazione eccezionale con contenuti vicini a quella reale. Per esempio, un bambino timido e riservato, inizialmente manifesterà questo suo atteggiamento anche nell’attività ludica, così come lo farà il classico spaccone che rompe sempre le scatole. Però nei giochi di gruppo sovente si crea una dimensione speciale e protetta dove certe dinamiche possono modificarsi, lasciando spazio ad altri modi di stare insieme con se stessi e gli altri. Questo avviene perché si lavora sia a livello emozionale che cognitivo. Così può accadere che il bambino timido si senta finalmente accolto e compreso e trovi il modo per osare e donarsi al prossimo, mentre il bulletto può rendersi conto di quanto il suo comportamento possa far soffrire i propri compagni e sperimentare altre modalità per relazionarsi con loro in modo più soddisfacente e rispettoso.
I giochi di gruppo possono essere:

-ricreativi
-educativi

Tra queste due categorie esistono molti tratti in comune, ad esempio riuscire ad emozionare e portare benessere, ma ci sono anche delle differenze sostanziali. Nei giochi ricreativi lo scopo principale è quello di intrattenere, nei secondi è quello di promuovere dei processi di sviluppo e cambiamento. Chiaramente anche i giochi ricreativi possono portare benefici, che però, non prevedendo uno spazio per acquisirne consapevolezza e condividerne il vissuto, sono frutto di un processo spontaneo e naturale delle singole persone. Al contrario, nei giochi educativi è il conduttore che si assume questa responsabilità, creando la giusta situazione per dare significato e spessore a tutto ciò che accade. Inoltre, mentre i giochi ricreativi sono concepiti per offrire un divertimento istantaneo ed esplosivo, quelli educativi possono rivelarsi meno immediati, risultando però maggiormente strutturati ed idonei nel stimolare ragionamenti e valutazioni di tipo introspettivo. Infatti nei giochi di gruppo educativi non ci si svaga semplicemente, ma si sperimenta un’assortita gamma di emozioni, da molti definite “negative”: vergogna, tristezza, rabbia, invidia, frustrazione, ecc. con l’obiettivo di imparare ad accettarle, riconoscerle, condividerle e, talvolta, trasformarle. Si intraprende, infatti, un viaggio complesso e magnifico nel cuore delle persone, che in queste attività spesso si concedono in maniera inaspettata e travolgente. I giochi educativi, che per risultare efficaci hanno bisogno di essere contestualizzati all’interno di un percorso di gruppo caratterizzato da diversi incontri, possono essere impiegati in una serie innumerevole di contesti: in strutture socio sanitarie (residenze sanitarie per anziani, centri diurni e comunità alloggio) o socio assistenziali (centri di aggregazione, centri ricreativi e comunità educative), residenziali e diurne, nelle scuole, nelle aziende, nei corsi di formazione, ecc.

 

 

Il burattino fantastico

Un qualsiasi burattino che, nelle mani dell’operatore, prende vita e acquista un’identità propria e ben marcata, possiede le caratteristiche necessarie per divenire un “personaggio mediatore“. Tale strumento operativo viene impiegato come intermediario nella relazione con le persone, in particolar modo quando si tratta di bambini diffidenti o spaventati che conosciamo poco o nulla. Appare infatti meno minaccioso dell’essere umano, è colorato, divertente, affabile, buffo e, di solito, nel giro di qualche minuto riesce ad entrare in risonanza empatica con il proprio interlocutore. Gode di un’esistenza propria e porta con sé serenità e meraviglia. Interagisce e gioca con il bambino con un’ intensità tale da far passare in secondo piano la nostra figura. Per il piccolo è un soggetto vivente, ecco perché non gli va mai consegnato; trovarsi tra le mani un pupazzo floscio ed inespressivo potrebbe essere mortificante e disarmante.
Il personaggio mediatore provoca un terremoto dentro la mente del bambino. Può stupire con le sue storie e le sue magie, far ridere per le sue marachelle, suscitare tenerezza quando si fa dare la pappa e si fa accarezzare, coinvolgere mentre balla o suona dei semplici strumenti musicali. Nel caso venga impiegato durante un ricovero in ospedale può coinvolgere a tal punto da far desiderare al piccolo paziente di non essere dimesso per poterlo incontrare nuovamente. A livello clinico ed educativo il personaggio mediatore incoraggia i bambini a raccontarsi e a condividere liberamente le proprie debolezze e le proprie paure, ascolta e supporta, trasmette positività e serenità, veicola messaggi educativi, consente di sfogare aggressività e tensioni in modo costruttivo e controllato, aiuta a risolvere concretamente i problemi e a guadagnare nuove disponibilità allo scambio relazionale con se stessi e con gli altri.
I bambini, inoltre, possono dedicargli letterine o disegni, oppure prendersi cura di lui divenendo propositivi e dinamici, riuscendo in questo modo ad agire situazioni che sovente sono costretti a subire passivamente (terapie, modelli educativi, dinamiche relazionali, ecc). Può restare così impresso nella mente che i bambini, una volta divenuti adulti, si ricorderanno di lui con piacere e con trasporto emotivo, pur avendolo (probabilmente) incontrato in una fase complicata e dolorosa della propria vita.

 

 

I giochi di prestigio

Questo metodo, asciutto e spartano, intende catturare velocemente l’attenzione di chi osserva, mirando a incuriosire, stimolare, sbalordire e talvolta provocare per ciò che si vede, ma non si capisce. Può veicolare messaggi educativi, aiutando chi è in difficoltà a trovare risposte e nuove strategie di azione di fronte a dilemmi o a situazioni problematiche, stimolando processi introspettivi ed emotivi. L’operatore deve possedere carisma ed abilità nell’esecuzione delle tecniche, valorizzandone la bellezza estetica. I giochi di prestigio che personalmente impiego sono semplici, rapidi ed incisivi e si possono susseguire tra loro con un ritmo incalzante. A livello clinico ed educativo solitamente consentono nel giro di pochissimo tempo di catturare l’interesse e la simpatia delle persone con cui ci stiamo relazionando, abbattendo possibili diffidenze e resistenze.

 

 

La magia comica

Attraverso questa tecnica si punta a promuovere stupore, risate e buon umore, passando volutamente per un mago stravagante, buffo ed impacciato. La magia comica riesce a catturare l’anima del bambino e a pitturarla con i colori dell’arcobaleno. Ciò che principalmente conta è valorizzare l’aspetto umoristico e relazionale del racconto che gravita intorno al gioco di prestigio, con l’intento di divertire e di stimolare riflessioni, sollecitando i bambini a trovare dentro di loro preziose risorse per rispondere efficacemente ad avvenimenti che inducono timore e stress. Il bambino gioisce nell’assistere e partecipare alle strampalate esibizioni del mago, spesso divenendo egli stesso l’artefice della magia, sentendosi così orgoglioso, gioioso e vitale.

 

 

L’affabulazione olistica

Per affabulazione olistica si intende l’arte del raccontare una storia scritta o inventata, in armonia con il contesto in cui si svolge tale rappresentazione. L’obiettivo della tecnica è quello di coinvolgere le persone, stimolando processi introspettivi e veicolando principi etici e rispettosi in relazione a se stessi e al prossimo. L’interpretazione dell’affabulatore occorre sia consona alla propria personalità e al testo che sta recitando, caratterizzata da una mimica e da una gestualità curata e pertinente.

 

 

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