Cromopoesia per l’elaborazione del lutto: tecnica di intervento

Il Dott. Simone Pesci, Psicologo e Psicoterapeuta specializzato in Psicoterapia costruttivista-intersoggettiva, affronta il tema della perdita e propone una tecnica di intervento che, inserita in contesto clinico, favorisce l’elaborazione del lutto.
La perdita e l’elaborazione del lutto
Quando si parla di perdita e di lutto frequentemente si pensa alla morte. In realtà stiamo facendo una operazione eccessivamente riduttiva. Ogni perdita, quindi ogni evento o situazione percepito e vissuto come perdita richiede un processo di elaborazione del lutto per una trasformazione del sé coerente con il passato e al tempo stesso con il presente. Oggetto della perdita è l’altro inteso come un’altra persona (un partner, un parente ecc.) o un’altra cosa (un oggetto, un animale domestico ecc.), ma anche come un altro Sé («io come lavoratore», «io come persona coniugata», «io come persona libera» ecc.). La «protesta» che ne consegue è un meccanismo filogeneticamente fondato che prima o poi lascia spazio alla necessità, se l’altro non può tornare, di confrontarsi con la perdita.
Per aiutare i clienti ad elaborare e integrare la perdita possono essere usate numerose procedure che spaziano da quelle altamente esplicite di maggiore attinenza al lutto iniziale (o evitato), alle procedure più letterarie e metaforiche che aiutano l’integrazione a lungo termine. Una di questi metodi può essere la Cromopoesia.
Cromopoesia: metodo, tecnica, procedura
Cromopoesia è un semplice metodo di lavoro che ho ideato qualche anno fa, e che si sviluppa in una tecnica. Da un punto di vista di metodo si tratta di applicare la realizzazione di una opera di creatività come la poesia per esprimere emozioni, sentimenti, stati d’animo e pensieri relativi all’idea soggettiva di un particolare colore (“color intimus”).
Da un punto di vista di tecnica si tratta di:
1) Far visualizzare il proprio colore (es. il rosso “prototipico” per noi, il verde ecc.)
2) Far elicitare emozioni, sentimenti ecc.
3) Far realizzare una poesia a partire dal colore e dalle sensazioni elicitate
4) Condividere, riflettere, lavorare sulla poesia realizzata
Un metodo e una tecnica però, per quanto possano avere un valore, devono acquisire un senso. Io parto dal presupposto che in un intervento psicologico la relazione rappresenti lo strumento più rilevante per il cambiamento e che qualsiasi metodo o tecnica, come ad esempio quella della Cromopoesia, deve essere inteso in termini procedurali, come atto relazionale, la cui efficacia dipende dal contesto intersoggettivo nel quale viene usata e dai significati co-creati.
Pe far meglio capire come la Cromopoesia può essere usata con persone che stanno elaborando un lutto, ho scelto di presentare l’esempio di Caterina, una infermiera ospedaliera che, al momento degli scambi conversazionali riportati, seguivo da qualche mese e che aveva perso tre settimane prima il lavoro a causa di una riqualificazione della struttura in cui operava.
Cromopoesia con Caterina
Durante una sessione Caterina stava utilizzando molte immagini e riferimenti al colore bianco, riferendosi ora al suo camice, ora alle pareti dell’ospedale, ora alla sua terra di origine, la Puglia, dove la madre ancora risiedeva. Dopo averle fatto notare questa ricorrenza conversazionale del colore bianco, mi viene in mente di proporle di lavorare sul colore attraverso la Cromopoesia. La invito dunque a chiudere gli occhi e a focalizzare il bianco, o meglio quella sua particolare tonalità del bianco:
C: è un bianco un po’ crema…….tipo.. abito da sposa… uhm.. tipo….foglio bianco…
T: che sensazione mi dà?
P:….un foglio bianco…tranquillità, però…[pausa di 10 secondi ca.] mi sento un’angoscia…è vuoto, non so che fare…..un’angoscia sì [si tocca con la mano il collo]
T:…che toglie il fiato?!
P: sì, forse. Piuttosto che toglie la parola…non so che dire, questo foglio bianco mi blocca.
Rimaniamo ancora sulle sensazioni che prova a partire dal suo colore bianco, utilizzando prevalentemente un tipo di conversazione fenomenologica. Il suo corpo, durante l’esperienza, rimane pressoché immobile, le mani appoggiate ai braccioli della poltrona, la testa bassa. Una postura e un modo di parlare che mi danno una sensazione di mancanza di movimento, di sospensione, di smarrimento. Successivamente le propongo di scrivere una poesia a partire dalle sensazioni derivate dal suo colore bianco. Caterina, senza esitazione, afferra la penna che le porgo assieme al foglio bianco, che guarda stupita e perplessa.
C: [sospira]… ecco il foglio bianco (T: uhm uhm)… ci provo…
E inizia a scrivere:
Tranquillità terribile e smarrimento
Dove si va? Che facciamo?
Tutto è fermo, immobile e vuoto.
Vuoto.
Ogni pagina bianca mi chiede di essere riempita,
Ma ogni segno che faccio
Mi sembra una ferita sanguinante.
Quando finisce, le propongo di leggere ciò che ha scritto e lei, lentamente, legge ad alta voce. Appena finito inizia a piangere. Il suo corpo si muove sulla sedia senza posa, la voce si rompe e singhiozza. Stiamo allora insieme in questa emozione.
Dopo un po’, momenti relazionamene intensi, ci guardiamo negli occhi e le accenno un sorriso di complicità e di dolcezza, che lei accoglie mostrando di voler riprendere il lavoro sulla poesia.
T: cosa l’ha colpita?
C: non ci crederà…gli spazi bianchi!
[sorridiamo insieme]
T: sì?!
C: di tutto quello che ho scritto, ciò che non ho scritto mi ha colpito, non so se mi piego
T: non sono sicuro…
C: sì, cioè…il problema è che… non credo di aver molto da dire nella vita.
Conclusioni
Ovviamente il lavoro con Caterina non si è esaurito con e nella Cromopoesia. Forse avremmo potuto arrivarci anche in un altro modo, ma in questo caso, visto che il canale analogico mi sembrava adatto, abbiamo costruito grazie alla Cromopoesia un processo che ha coinvolto conversazione e corpo, un processo attraverso il quale Caterina ha preso consapevolezza che il dolore legato alla perdita era strettamente connesso all’efficacia socio-relazionale che in quel momento sentiva di non avere.
La Cromopoesia è un metodo che può trovare applicazione in numerosi contesti e con obiettivi diversi tra loro. In questo caso è stato usato proceduralmente per favorire l’elaborazione del lutto derivante dalla perdita di uno status lavorativo.
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