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Tre mosse per separarsi bene

Tra falsi miti e convinzioni comuni la Dott.ssa Cinzia Vitale, docente del Master ISFAR per Mediatori Familiari, fa luce su alcuni aspetti delicati della separazione ed evidenzia l’importanza di un corretto intervento di Mediazione Familiare.

 

 

La specificità di ogni relazione

 

Il titolo dell’articolo è volutamente accattivante; sarebbe semplice se vi fossero strategie, universalmente riconosciute e valide per tutti coloro che dovessero trovarsi ad affrontare una separazione coniugale. Quando si toccano le emozioni, il proprio sentire, i diritti, i doveri, i patti traditi, le aspettative disattese, il discorso si fa più complesso e degno di cauta riflessione.
Ogni sistema famiglia, così come ogni individuo, deve essere preso in considerazione nella propria specificità e nelle proprie dinamiche di relazione con gli altri, che, nella fattispecie, non si traducono solo con l’ex coniuge, ma anche con la famiglia d’origine, con l’ingresso di nuovi partners e più di tutto con i figli.
In altre parole, le mosse vincenti a priori non esistono.
Esiste, però, l’inevitabile assunto per il quale chi si trovi ad affrontare una separazione possa sentirsi  catapultato in un contesto sconosciuto, in cui tutto il suo agire e il suo quotidiano dovranno fare i conti con una condizione nuova.
Nella realtà, una coppia che decide di separarsi affronta due aspetti che sono in qualche modo un denominatore comune: la sofferenza ( più o meno provata) e l’impoverimento economico.
La prospettiva di queste due condizioni possono essere vere e proprie motivazioni  spartiacque, in termini di presa delle decisioni, e in questo lasso di tempo i falsi miti che pregiudicano un percorso di separazione e la propria vita futura sono parecchi; ci si affida al fai da te, all’ascolto di esperienze di conoscenti, ci si confida con chi c’è già passato, si cercano informazioni e riferimenti normativi in rete, per non parlare delle modalità di coinvolgimento dei figli verso i quali, pensando di mettere in campo una tutela nei loro confronti, si può finire, nostro malgrado,  per dare spazio  alla propria delusione e alle proprie presunte ragioni. Per usare un vecchio detto: “la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”.
Dunque, più che mosse per separarsi bene, è il caso di parlare di errori di valutazione in cui è possibile incorrere.

 

 

Se vado in Mediazione Familiare vuol dire che do ragione all’altro, preferisco ricorrere al Giudice e basta

 

Premesso che vi è ormai ampio e reciproco riconoscimento, anche in termini di intervento, tra le figure professionali del Diritto e quella del Mediatore, la convinzione su cui si fonda la pratica della mediazione familiare è che siano proprio i coniugi che si separano, che possono  riuscire ad essere in grado di fronteggiare la separazione autodeterminandosi senza trascurare la dimensione emotiva affettiva. Si ricordi, inoltre, che  un accordo condiviso, anche solo in riferimento ad alcune voci, snellisce, in termini di tempo, i procedimenti di separazione per i quali i vari rinvii di udienza possono richiedere, in Italia, tempi biblici.

 

 

Ormai non riusciamo più a parlarci: che ci vado a fare in mediazione?

 

Il Tribunale non è per sua natura il luogo in cui tentare di ripristinare un dialogo, anche laddove ve ne fosse intenzione, ma bisogna aver chiaro che la comunicazione opera su un canale che sta all’interno di un contesto. Se cambia il contesto cambia anche il canale comunicativo.
Per questo motivo capita che, nel tentativo di esporre le proprie ragioni,  le parti di una coppia in conflitto si approprino di un linguaggio fatto di tecnicismi e riferimenti giuridici mortificando tanto la comunicazione sincera ( intesa in senso latino sincerus  “ schietto”) quanto  l’efficacia con la quale manifestare i propri bisogni. Anche la modalità di comunicazione  deve essere ricodificata in vista di una separazione, proprio  perché non diventi spunto e alimento di conflitti futuri.

 

 

Per il bene di mio figlio ho deciso che aspetto a separarmi fino a quando diventerà grande

 

Escludendo prima di tutto i casi in cui vi siano violenze intrafamiliari o comportamenti devianti, per i quali ci si muove in modi e su piani ben diversi con altri tipi di intervento,  talvolta si pensa di fare il bene dei figli, ma non è così: i figli osservano. Convincersi, e convincere loro, che tutto rimarrà uguale dopo la separazione è un’errata valutazione in cui umanamente si può cadere per auto-rassicurarsi.
Si pensi, ad esempio, ai pasticci che possono venire fuori rispetto alla modalità con cui i genitori comunicano ai figli  l’intenzione di separarsi senza che questo passaggio sia condiviso da entrambi nei contenuti e nei tempi; oppure all’allontanamento dei nipoti  dalle famiglie d’origine, in particolare alla penalizzazione delle relazioni con i nonni, con i quali la continuità di frequentazione deve essere certamente riorganizzata secondo la nuova condizione familiare, ma che può essere considerata a tutti gli effetti un bene prezioso da salvaguardare.

Per concludere, sono tanti gli aspetti che ruotano intorno ad una separazione, e ovviamente non toccano solo i due ex partner, ma la consapevolezza che il modo in cui tali  aspetti verranno gestiti farà la differenza per riuscire di nuovo a strizzare l’occhio al futuro, si chiama diritto ad una “buona vita” per tutti.

 

Dott.ssa Cinzia Vitale
Mediatrice Familiare e docente del Master in Mediazione Familiare ISFAR

 

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