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Il bambino che non parla: il ruolo del professionista

Il mutismo selettivo è un disordine dell’infanzia che si manifesta nell’incapacità di un bambino nel comunicare verbalmente in contesti di  vita sociale. Questo articolo si propone di offrire ai numerosi professionisti spunti di riflessione sul complesso universo della selezione mutacica e di esplorarne le manifestazioni più frequenti.

 

Il mutismo selettivo

Il mutismo selettivo presenta un elevato grado di complessità e i fattori eziologici che lo determinano sono molteplici; essi possono essere di natura biologico-costituzionale, socioculturale, ambientale, familiare. L’interazione fra queste componenti crea in molti casi le condizioni per sviluppare un comportamento mutacico e per determinare  quelle sintomatologie che sono ad esso strettamente correlate. Conoscere i fattori eziologici  ed individuarli opportunamente e tempestivamente permette al professionista di poter intervenire ex ante, nelle prime fasi della sua insorgenza.  Alcuni studi recenti hanno posto l’accento sulla convergenza tra le predisposizioni temperamentali e l’insorgenza del mutismo selettivo. Non è raro infatti incontrare bambini con selezione mutacica che vengono descritti dai genitori come soggetti timidi, riservati, diffidenti nello stabilire delle relazioni esterne al loro ambiente familiare. Altri ancora riferiscono di una stretta correlazione fra la selezione mutacica e i disturbi internalizzanti, quali il disturbo di ansia generalizzato, il disturbo d’ansia da separazione o ancora ansia sociale e fobia sociale, condizioni psichiche che influiscono pesantemente sulla qualità della vita dei bambini.

 

Strategie di intervento

Come appare evidente, nonostante vi siano in letteratura contributi scientifici importanti, il cammino verso una conoscenza sempre più esaustiva di tale disordine è ancora lungo e di conseguenza anche gli interventi di aiuto professionale da assicurare a questi bambini richiedono continui e sistematici approfondimenti. Le strategie da adottare devono essere orientate ad individuare le dinamiche comportamentali e cognitive che sostanziano il mutismo selettivo, cercando di aiutare il bambino a contenere le situazioni ansiogene attivatrici di stati emozionali disfunzionali inficianti le sue relazioni sociali e condizionanti la verbalizzazione intenzionale e ricercata. La condivisione di tali interventi anche in ambito familiare e scolastico garantisce la promozione di costanti e distribuiti rinforzi positivi.

L’attività ludica, grafo-segnica e cromatica offrono al bambino opportunità di  esplorare le reali emozioni personali e delle persone che lo circondano. Le tecniche di ristrutturazione cognitiva vissute mediante le situazioni offerte dal role-playing e da simulazioni di diverse situazioni reali o immaginarie, mediante l’ausilio di racconti,  di narrazioni mediate da oggetti transazionali, propongono al bambino letture del reale e vissuti utili per permettergli di superare gradualmente il suo disagio sociale.

 

Conclusioni

Allo stato attuale gli approfondimenti diagnostici e le pratiche cliniche poste in essere dimostrano quanto questo disordine elocutorio sia sempre più connesso ai disturbi dello spettro ansioso, ai vissuti emozionali disfunzionali derivanti da relazioni scevre da gratificazioni appaganti, spesso vissute come minacciose o ostative. Un intervento professionale diretto anche sulla diade genitoriale, sulle modalità di approcciare i propri figli, sulle prassi educative da adottare per ottimizzare la loro relazione ed evitare comunicazioni disfunzionali e inefficaci, si rivela utile ed efficace.

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