Testo tratto dall’articolo di Donatella Salinetti apparso sulla rivista Pedagogia Clinica pedagogista Clinico n°50 – Gennaio-Giugno 2024
Jerry non voleva andare a scuola
Significativa è la storia di un bambino che chiamerò Jerry.
Fin dal suo primo ingresso alla scuola dell’infanzia ogni giorno non ne voleva sapere di rimanere per tante ore a scuola! A vederlo non sembrava proprio un bambino di tre anni: più alto e più robusto dei suoi coetanei, aveva una carnagione piuttosto scura, con occhi e capelli neri, guardava dritto negli occhi tutti coloro che si avvicinavano per parlargli, cercando di convincerlo a fermarsi a scuola. Non versando neanche una lacrima, si inchiodava sulla soglia dell’ingresso della scuola e nessuno era in grado di spostarlo da lì. Sembrava una statua di marmo che fissava la mamma che, dopo averlo accompagnato, si allontanava in fretta, lasciando alle maestre il duro compito di farlo entrare in sezione!
Quando la mamma lo veniva a prendere non lo degnava neanche di uno sguardo, intenta com’era a mantenere il suo stato di donna forte: temeva che suo figlio prendesse il sopravvento su di lei, dato che era sola e non aveva accanto il padre del bambino: per questo aveva deciso di trasmettere più timore che amore. Il padre del bambino, infatti, l’aveva abbandonata appena ebbe la certezza della gravidanza per lui indesiderata!
La maestra dei colori
Quando però c’era la “maestra dei colori” era tutta un’altra cosa! Così mi aveva chiamato! Un giorno io, la maestra dei colori, mostrai a sua madre un foglio interamente colorato, pieno di infinite sfumature: un vero arcobaleno! Molto intenso. «Ecco, questo è suo figlio, guardi quanto colore ha dentro». Quel bambino così vivace, così aggressivo e prepotente con i compagni, apostrofato dalle colleghe come “bambino impossibile”, riusciva a placarsi e a tranquillizzarsi solo quando mi vedeva colorare. Un giorno mi disse: “Voglio colorare come te. Mi insegni?”
Il percorso pedagogico clinico con Jerry
Un venerdì pomeriggio di novembre, dopo il pranzo, quando i bambini di tre, quattro e cinque anni, accompagnati dalle loro maestre, tornavano dal refettorio, in fila, nelle loro aule scolastiche, scoprii che Jerry, correndo davanti a tutti, era entrato in sezione prima degli altri e stava dritto su una sedia: si allungava, in punta di piedi, per raggiungere la parte più alta della lavagna e stava disegnando qualcosa con i gessetti colorati che tanto amava. Voleva farmi un regalo!
Era riuscito a disegnare un sole rosso, giallo, porpora e verde! In quell’attimo mi venne in mente di chiedere a tutti gli altri bambini di partecipare al gioco dei primi giorni di scuola nei quali avevamo catturato l’attenzione dei bambini facendo trovare in sezione un grande razzo! L’intenzione era quella di partire per un viaggio, destinazione: lo spazio! Pertanto indossammo i nostri caschi casarecci ed eravamo pronti a partire! Il nostro viaggio continua nel cielo fino ad arrivare al del ‘sole’. Un gruppo di bambini doveva cercare di ricreare con il proprio corpo i raggi di quel sole che Jerry aveva disegnato alla lavagna con quattro strisce colorate, rossa, gialla, porpora e verde e doveva attaccarle in vari punti del corpo. Eseguendo dei particolari movimenti le strisce erano libere di svolazzare dando a tutti i presenti il magico effetto degli infiniti raggi solari. Jerry invece decise di essere il corpo centrale del sole! Eh, sì, Jerry aveva scelto la parte più indicata per lui, perché al contrario di ciò che pensiamo, il sole è un tipo irrequieto e cambia ogni ora e ogni minuto con le sue esplosioni gigantesche!
Nacque così, da un’idea di Jerry, il progetto pedagogico clinico: “Luci ed ombre per stimolare la creatività, basato sul metodo Interart®”
I successi del progetto
Il tempo passava e mi ero accorta che Jerry era diventato più tranquillo e non importunava più gli altri, anzi era diventato addirittura gentile e ricevette in premio la coccarda di persona molto gentile, secondo il nostro gentilometro, ideato e costruito dai bambini stessi, come un grosso termometro. I compagni gli riservarono un’ovazione per quella coccarda, la prima della sua vita!
Prima di andare alla scuola primaria aveva imparato anche a scrivere le lettere del suo nome, perché era in grado di riconoscerlo visivamente ovunque nell’aula. Però non aveva mai provato a scriverlo sentendo la forma ed il movimento di ogni lettera.
Aiutai Jerry a sperimentare un’alternanza di posture semplici e complesse, realizzate in maniera segmentaria, con flessioni, estensioni, adduzioni, abduzioni, inclinazioni, rotazioni esterne e interne, circonduzioni e scrittura in campo vuoto.
Quando quel bambino passò alla scuola primaria, le colleghe mi descrissero un altro bambino. Un bambino che non riconoscevo più, tanti erano i suoi comportamenti aggressivi e ineducati che mi riportarono.
Non ho più avuto modo di rivedere Jerry: voglio sperare che abbia trovato la forza e la voglia far valere i colori che portava dentro!